Visita alle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, viaggio ai confini della vita terrena [FOTO]

Il Convento dei Cappuccini di Palermo, situato nel quartiere Cuba e annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace, è conosciuto in tutto il mondo per la presenza nei suoi sotterranei di un vasto cimitero, che attira la curiosità di numerosi turisti che ne affollano l’ingresso in una fila composta anche sfidando la calura di una giornata estiva, come quella in cui siamo andati a visitare questo luogo dove lo spettacolo macabro degli innumerevoli cadaveri esposti è spunto di riflessione sulla caducità della vita, sulle vanità terrene, e sull’inutilità dell’attaccamento degli uomini alle loro fattezze esteriori.

Le gallerie furono scavate alla fine del ‘500 e formano un ampio cimitero di forma rettangolare. Le salme presenti non sono mai state inventariate, ma si è calcolato che ve ne siano fino a 8.000. Le mummie, in piedi o coricate, vestite di tutto punto, sono divise per sesso e categoria sociale, anche se la maggior parte appartengono ai ceti alti, poiché il processo di imbalsamazione era costoso. Nei vari settori si riconoscono: i prelati; commercianti e borghesi nei loro vestiti “della domenica”; ufficiali dell’esercito in uniforme di gala; giovani donne vergini, decedute prima di potersi maritare, vestite col loro abito da sposa; gruppi familiari disposti in piedi su alte mensole, delimitate da sottili ringhiere simili a balconate; bambini. Il metodo di imbalsamazione prevedeva prima di tutto la “scolatura” della salma per circa un anno, dopo averla svuotata degli organi interni. Il corpo più o meno essiccato, veniva poi lavato con aceto riempito di paglia, e rivestito con i suoi abiti. Altri metodi, utilizzati specialmente in periodi di epidemie, prevedevano un bagno di arsenico o di acqua di calce. Con l’avvento del Regno d’Italia nel 1861 le nuove normative igienico-sanitarie impedirono le procedure di essiccazione, ma il ricorso alla mummificazione continuò a essere praticato fino agli inizi del ‘900. Dall’inizio dell’800 la Sicilia vantava del resto una scuola di anatomia di grandi maestri (fra gli altri, il medico Giuseppe Tranchina, cui va ascritto l’omonimo metodo di conservazione per iniezione a base di arsenico che senza eviscerazione, praticato subito dopo il decesso, consentiva una mummificazione perfetta nel giro di quattro mesi) che, affinando le tecniche per la preparazione di cadaveri interi e parti anatomiche a scopi didattici, avevano messo a punto soluzioni sofisticate di imbalsamazione artificiale.

Il primo ospite delle Catacombe dei Cappuccini fu accolto nel 1599 ed era frate Silvestro da Gubbio, è il primo cadavere sulla sinistra che si incontra entrando nella cripta. L’ultima ospite è il corpo più straordinario di tutti, ed è quello di una bambina di 2 anni morta di polmonite agli inizi del ‘900, la celebre Rosalia Lombardo che è addirittura chiamata la mummia più bella del mondo. La bambina fu mummificata artificialmente con tecniche innovative per l’epoca, ed è così incredibilmente ben conservata che fa impressione, sembra ancora che dorma, con quei boccoli biondi raccolti nel nastro giallo che incastonano il visino, gli occhi chiusi e l’aria serena sul volto. Eppure, sono passati 97 anni dalla sua morte.

La mummia di Rosalia Lombardo, rappresenta uno dei misteri più affascinanti e incredibili della nostra storia, proprio perché il suo corpicino, perfettamente conservato, non può non destare stupore o far sorgere interrogativi. Il primo, naturalmente,  è come sia stato possibile riuscire a portare fino a noi il suo corpo in quelle condizioni. Tutto, in lei, è ancora intatto, non solo l’esterno, ma persino gli organi interni, in particolare cervello, fegato e polmoni. Non a caso, è stata chiamata la “Bella Addormentata”, e rappresenta ancora oggi uno dei motivi principali per cui le persone visitano il convento palermitano, Quello che è stato compiuto su Rosalia è un eccellente lavoro, anzi un vero e proprio capolavoro di mummificazione, compiuto grazie all’imbalsamazione di Alfredo Salafia, che nel passato era stato chiamato anche a restaurare la salma di Francesco Crispi, giunta da Napoli a Palermo in condizioni deprecabili, meritandosi per questo lavoro il plauso della stampa e delle autorità ecclesiastiche.

La sensazione che emerge visitando questo luogo è che dopo i primi momenti di naturale impressione e senso di smarrimento, si rimane profondamente colpiti e affascinati in un modo diverso dalle aspettative iniziali. Si riesce a cogliere che, malgrado l’atmosfera, tutta quella cura nel vestire, acconciare e mettere in posa i corpi rivela il rispetto e l’affetto per le persone scomparse, e la ferma volontà di non farsi spaventare dalla morte, anzi di affrontarla e di trasformarla in un atto di devozione quotidiano.

E alla fine della visita, quando si esce dalle catacombe dei Cappuccini all’aria fresca e al sole caldo di Palermo, quell’aria e quel sole sono ancora più speciali e apprezzati che mai.