Accoglienza trionfale a Messina per “Iddu – L’ultimo padrino”: Elio Germano e Antonio Piazza raccontano l’assurda latitanza di Matteo Messina Denaro [FOTO]
Il pubblico messinese ha accolto con entusiasmo “Iddu – L’ultimo padrino”, riempiendo le sale della Multisala Apollo e del The Screen Cinemas per l’anteprima del film, che ha visto la partecipazione dell’attore Elio Germano e del regista Antonio Piazza, che ha curato la regia insieme a Fabio Grassadonia. Durante l’evento alla Multisala Apollo, moderato dalla giornalista Chiara Chirieleison, Piazza ha sottolineato il legame personale con la città, dichiarando con emozione: “Sono per metà messinese, mia mamma è di qui. Ci sono anche i miei cugini in sala, quindi sono davvero felice di essere presente”. Un ritorno che non è solo professionale, ma anche profondamente affettivo per il regista.
Il duo di registi siciliani, che ha già firmato opere come “Salvo” (2013) e “Sicilian Ghost Story” (2017), torna alla ribalta con una nuova sfida cinematografica: raccontare la latitanza di Matteo Messina Denaro, uno dei boss mafiosi più temuti e ricercati, attraverso una lente grottesca e surreale. Con “Iddu – L’ultimo padrino”, Piazza e Grassadonia giocano con la commistione di realtà e finzione, spingendo il racconto in una direzione che non si limita alla mera cronaca, ma esplora i confini tra tragicità e assurdità.
Elio Germano interpreta Matteo Messina Denaro in maniera impeccabile, trasformando il personaggio in una figura ambigua, a metà strada tra il mostruoso e il ridicolo. Al suo fianco, Tony Servillo nel ruolo di Catello Palumbo, un ex sindaco di Castelvetrano, che viene ingaggiato dai Servizi segreti per aiutare nella cattura del boss, sfruttando la sua amicizia di lunga data con Messina Denaro. La narrazione dei due personaggi si muove su un filo sottile tra dramma e farsa, un’alternanza che fa emergere l’assurdità della loro disumanità. Servillo, con la sua straordinaria interpretazione, riesce a rendere Palumbo un uomo intrappolato tra il ruolo di pedina e la sua stessa arroganza, mentre Germano tratteggia un Messina Denaro che oscilla tra l’onnipotenza e la farsa.
Il tono grottesco del film non smorza la gravità della storia, anzi, la accentua. I personaggi sembrano maschere tragiche che si muovono in un mondo in cui la banalità del male viene esposta in tutta la sua inquietante semplicità. Un esempio di questo approccio è la battuta di Palumbo: “Il ridicolo, qui, uccide più delle pallottole”, una frase che sintetizza perfettamente l’ironia crudele della vicenda narrata.
Un altro aspetto interessante è la scelta di un cast eterogeneo, composto non solo da attori siciliani, ma anche da interpreti di altre regioni e persino internazionali. Germano è romano, Tony Servillo è casertano, Daniela Marra proviene dalla Calabria, Barbora Bobulova dalla Slovacchia e Antonia Truppo da Napoli. Accanto a loro, però, ci sono anche palermitani come Fausto Russo Alesi, Giuseppe Tantillo, Rosario Palazzolo e Filippo Luna, che arricchiscono il film con la loro autenticità siciliana. Questa scelta di casting, apparentemente contrastante, potrebbe voler sottolineare la distanza tra il reale e il rappresentato, rafforzando l’idea che la finzione cinematografica possa offrire uno sguardo più lucido sulla realtà.
A impreziosire ulteriormente l’opera ci sono la fotografia di Luca Bigazzi, uno dei maestri italiani della luce e dell’immagine, e la colonna sonora firmata da Colapesce, che dà una dimensione sonora evocativa e moderna al film. Grazie alla combinazione di questi elementi, il film riesce a creare un’atmosfera sospesa tra il verosimile e l’onirico, che accompagna lo spettatore in un viaggio attraverso una Sicilia che è insieme reale e simbolica.
Il film, prodotto da Indigo Film con Rai Cinema e distribuito da 01 Distribution, è stato accolto positivamente alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 2023, dove ha ricevuto due importanti riconoscimenti: il premio Carlo Lizzani, destinato al miglior film italiano in concorso, e il premio Mimmo Rotella. Questi premi confermano la capacità dei due registi di raccontare storie complesse con uno stile unico e personale. Il film sarà distribuito nelle sale italiane a partire dal 10 ottobre, ma Messina ha avuto l’opportunità di godere in anteprima di quest’opera che non è solo un racconto di mafia, ma un’indagine più profonda sulla natura del potere e delle sue maschere.
Uno degli elementi cardine del film è l’uso dei “pizzini” di Messina Denaro, ovvero i messaggi segreti che il boss scambiava con i suoi complici e, in particolare, con l’allora sindaco di Castelvetrano, Antonino Vaccarino. I pizzini diventano, nelle mani dei registi, un simbolo della doppiezza e dell’ambiguità di un potere che si cela dietro gesti apparentemente banali, ma che nasconde un controllo feroce sulla vita e la morte.
“Iddu – L’ultimo padrino” è ambientato nel 2004, durante uno dei momenti chiave della latitanza trentennale di Messina Denaro, e racconta il confronto tra il boss e Palumbo, in una trama che svela non solo le dinamiche della criminalità organizzata, ma anche le ipocrisie e le contraddizioni di un intero Paese. La vicenda del boss diventa una metafora delle dinamiche del potere in Italia, un gioco pericoloso in cui anche i Servizi segreti giocano un ruolo ambiguo, dimostrando come la storia di Messina Denaro sia, in realtà, la storia dell’Italia stessa, un Paese intrappolato tra finzione e realtà, tra verità e bugie.