“L’amore che ho” incanta il Cinema Lux di Messina: il regista Paolo Licata con Lucia Sardo e Tania Bambaci raccontano Rosa Balistreri [FOTO]

Il Cinema Lux di Messina ha ospitato oggi una proiezione speciale del film L’amore che ho, alla presenza del regista Paolo Licata e delle attrici Lucia Sardo e Tania Bambaci. L’opera, ispirata al romanzo L’amuri ca v’haiu di Luca Torregrossa, ripercorre la vita intensa e travagliata di Rosa Balistreri, leggendaria voce della canzone popolare siciliana, nota come “la cantatrice del Sud”.
Prodotto da Dea Film e Moonlight Pictures, il film vede un cast tutto al femminile con Lucia Sardo, Donatella Finocchiaro, Tania Bambaci e Anita Pomario nei panni della cantautrice in diverse fasi della sua esistenza. Carmen Consoli, oltre a interpretare il personaggio di Alice, firma le musiche originali. Vincenzo Ferrera dà volto a Emanuele, padre di Rosa.
La narrazione copre i soli 63 anni della Balistreri, racchiusi in tre capitoli emblematici: la giovinezza, l’età adulta e una vecchiaia prematura. Il racconto si sviluppa attraverso il confronto tra l’anziana Rosa e la figlia Angela, rievocando la giovinezza vissuta tra le privazioni del piccolo paese di Campobello di Licata, l’ascesa artistica a Firenze e gli ultimi giorni trascorsi in una stanza spoglia a Palermo.
Il film si snoda intorno a pochi oggetti simbolici – una chitarra, un disegno, alcune fotografie – che diventano il filo conduttore per ricostruire la storia della protagonista. Le immagini evocano un’infanzia segnata da miseria e violenza, ma anche da una forza d’animo sorprendente, incarnata con energia da Anita Pomario, che interpreta la giovane Rosa con ironia e determinazione.
Nonostante la durezza di alcune scene, la regia poetica e sospesa di Licata riesce a mantenere un equilibrio emotivo, lasciando emergere la resilienza della protagonista.
Il disegno di Guttuso, presente nel film, rappresenta l’impatto salvifico dell’arte nella vita di Rosa. Nella sua fase adulta, interpretata da Donatella Finocchiaro, la cantautrice è ormai schiacciata da un successo che porta con sé solitudine e fragilità emotiva. Le sue canzoni, presenti lungo tutto il film, si integrano pienamente con il ritmo della narrazione.
Nel terzo atto, quando Rosa ormai anziana diventa cantastorie della propria esistenza, il film trova una nuova profondità narrativa dove la musica e il racconto convergono, restituendo l’essenza di una donna complessa, simbolo di un Sud fatto di oscurità e resistenza.
Il montaggio di Pietro Vaglica, risulta sempre efficace, alternando scene dell’infanzia a quelle dell’età adulta con una logica chiara, non sacrificando mai la fluidità del racconto in nome dell’originalità.
Pur nella sua durata importante e nella struttura narrativa complessa, il film conserva una buona scorrevolezza, sostenuta dalla potente interpretazione delle attrici e dalla regia attenta e sensibile di Paolo Licata, che restituiscono con dignità e intensità il ritratto di una figura femminile forte, tormentata e imprescindibile.
Durante l’incontro con il pubblico, il regista ha dichiarato: “L’amore che ho, ispirato a una canzone di Rosa, racconta una storia personale e insieme collettiva. Non solo quella di una donna straordinaria, ma di un intero periodo storico – dagli anni ’60 agli ’80 – carico di fermenti e contraddizioni. Attorno a Rosa gravitano simboli culturali come Dario Fo, Guttuso, Camilleri. La sua è una personalità tormentata, capace di amare e odiare con la stessa intensità. Una voce che ha saputo trasformare il dolore in arte.”