Sicilia ancora zona arancione, ristoratori: “La misura è colma e non escludiamo forme eclatanti di protesta”

La nuova ed attuale situazione rispetto la aperture ci costringe nuovamente a rappresentare in maniera forte il disagio che il comparto ristorazione esprime.

“Ad oggi il Comitato dei Pubblici Esercizi di Messina, che rappresentiamo ha agito nel rispetto delle prassi e delle normative, supportando e sostenendo le diverse prescrizioni, anche le più assurde, onde evitare che il disagio serpeggiante tra i nostri esplodesse. A parlare in una nota i rappresentanti delle sigle Fipe Messina, Assoristoratori ed Alces che proseguono;

 “Abbiamo più volte fatto da cuscinetto tra le istituzioni e i nostri associati. Ma oggi la misura è colma. Considerando che l’indice di Messina ha toccato livelli ormai da zona bianca tra i più bassi d’Italia, non possiamo restare indifferenti alle ormai grossissime tensioni registrate tra i nostri rappresentati. Avevamo coltivato l’illusione che lunedì ci sarebbe stata una riapertura parziale, anche se insoddisfacente. Illusione ritrattata poi con l’ennesimo proclama di un’ulteriore chiusura e zona arancione, con il diniego di mettere i tavoli in esterno. L’ennesima beffa. Ci rendiamo conto adesso che non si vuole dialogare con noi e quindi, ovviamente, ci sentiamo costretti a fare un passo indietro davanti ad uno Stato che non fa nulla per tutelare chi ormai è allo stremo delle forze psicologiche ed economiche. Pur essendo per natura inclini al dialogo ci sentiamo questa volta obbligati a far valere le nostre ragioni in una maniera diversa, sia pur sempre ordinata e composta, ma socialmente più forte. Abbiamo siglato, in una convenzione con la Camera di commercio e proposto alla Regione, dove ancora giace senza risposta, noi per primi un nuovo protocollo con le ulteriori giuste prassi per far diventare le nostre aziende ancora più sicure. Abbiamo accettato tutte le chiusure, anche con preavviso minimo, che non solo ci hanno penalizzato dal punto di vista della vendita diretta ma non ci hanno permesso di gestire adeguatamente il trattamento delle materie prime, causando perciò una doppia perdita alle nostre aziende. Ci siamo proposti come acquirenti diretti dei vaccini per poter mettere in sicurezza noi titolari ed i nostri dipendenti e far diventare così le nostre attività doppiamente sicure, sia dal punto di vista della continua igienizzazione che da quello della trasmissione del virus. Abbiamo allestito le nostre attività con tutti i presidi di sicurezza proposti, rivelatisi poi l’ennesimo acquisto inutile. Abbiamo speso migliaia di euro per realizzare dei dehors che fungessero anche da abbellimento per i decoro urbano per poi scoprire che non lavoreremo nemmeno all’esterno. Ci saremmo adeguati anche al metro e mezzo di distanza, supportando le attività più piccole con la richiesta di aree esterne fruibili. Ma nulla di tutto questo. Dobbiamo quindi oggi compiere l’immane sforzo di trovare il sistema di coordinare e veicolare questa ennesima emergenza prima che una qualche reazione diventi ovviamente negativa anche per coloro che rappresentiamo (vedasi il recente suicidio di un collega a Roma Tiburtina ) e che in questo momento stanno vivendo un momento di forte pressione psicologica e una non più giustificata limitazione dell’attività, sacrosanta quanto la possibilità di fare impresa. Adesso la misura è colma e non escludiamo forme eclatanti di protesta.”