Un “mostro” che spaventa il territorio – Inchiesta di Gianluca Rossellini

Gianluca Rossellini

*Giornalista corrispondente Ansa e autore di libri sulle alluvioni nel messinese e sulla Valle del Mela dove Terna passa con il suo elettrodotto”

Il “mostro” ai loro occhi si sta facendo sempre più reale e pericoloso, prima era ancora un incubo lontano ed evanescente. Ora è evidente, mastodontico. Ha invaso gli spazi, ‘sporcato’ la loro identità, sopraffatto palazzi e monumenti. Davanti ai cittadini dei comuni della zona tirrenica del messinese si presenta così l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi, che nei prossimi mesi dovrebbe essere ultimato. Per Terna è invece, “un’opera fondamentale per la sicurezza del sistema elettrico della Sicilia ed eviterà futuri black-out”. I residenti dei 13 paesi interessati dal passaggio della struttura, però, non sono così entusiasti e ritengono sia diverso il motivo della sua realizzazione. Hanno letto, infatti, i dati Istat degli ultimi anni che rimarcano che la Sicilia è tra le regioni autosufficienti dal punto di vista energetico. Probabilmente l’obiettivo è, quindi, quello che l’amministratore delegato di Terna, Flavio Cattaneo, ha spiegato durante la presentazione del progetto: “È una piattaforma ideale per la sua conformazione geografica per ‘connettere’ tra loro il Nord Africa e la sponda sud del bacino del Mediterraneo con il Centro e il Nord Europa”. Insomma, non proprio un‘infrastruttura necessaria per la Sicilia.
I residenti hanno preso coscienza della situazione solo dopo aver visto nei mesi scorsi gli operai di Terna lavorare nei propri territori. Erano all’oscuro di tutto e ora, vedono gli stessi impiegati passare i cavi ad alta tensione tra i ‘minacciosi’ piloni per completare l’impianto. Quando sarà attivo, l’elettrodotto ‘accenderà’ ancora di più i loro animi, già ‘elettrizzati’ per non essere stati avvertiti dai sindaci, distratti probabilmente dalle opere compensative che Terna ha offerto loro.
Intanto il Sorgente-Rizziconi dalla Calabria, via mare, è ormai ‘sbarcato’ nei pressi della stazione elettrica di Sorgente, a Villafranca Tirrena, per poi estendersi fino a San Filippo del Mela. I cittadini non vogliono mollare: tra i borghi millenari nelle montagne, a colpi di carte bollate, manifestazioni e fiaccolate, si preparano al contrattacco per scacciare l’‘invasore’. Chiedono solo che le leggi vengano applicate e i loro diritti rispettati. Temono per la salute: i piloni saranno pericolosamente vicini a case, negozi e campi giochi per bambini, rendendo la vita un tormento per migliaia di persone. Problemi nel tracciato sono stati evidenziati soprattutto nei comuni di Pace del Mela, Venetico Superiore, San Pier Niceto, Rocca Valdina, Saponara e nella frazione di Serro a Villafranca Tirrena. In queste località, i residenti, dopo aver compreso che le amministrazioni non li avevano tutelati, promettono ancora battaglia chiedendo che l’elettrodotto venga spostato o interrato, almeno nei punti più critici.

A Pace del Mela la storia si ripete: già anni prima un precedente elettrodotto era stato al centro di polemiche e lotte. Tra i più attivi nel chiedere il suo trasferimento il comitato “Pacesi per la vita”, il cui presidente per anni è stata Angela Bianchetti, attualmente consigliere comunale dell’opposizione e casalinga ‘pasionaria’, conosciuta per la sua indole decisa. È facile incontrare Angela in paese con attorno dei cittadini. Si mette gli occhiali per vedere meglio la lista. Ha il cuore spezzato, tuttavia continua la sua lotta. Quello che ha davanti non è l’elenco della spesa, sono le persone che negli ultimi anni si sono ammalate di tumore. Anche lei anni fa è scesa all’‘inferno’ per un male, fortunatamente rivelatosi benigno, ora sta bene. Conosce però, il calvario, le angosce, le fitte e il dolore dei suoi concittadini malati. Ha portato le loro cartelle cliniche all’avvocato che sta predisponendo la causa contro Terna per i risarcimenti.
È solo l’ultima parte di una guerra che dura da anni per spostare quello che per gli abitanti è il responsabile di tanto dolore: un elettrodotto costruito a pochi metri dalle case. Quando ha saputo che Terna ne voleva realizzare un altro, Angela è andata su tutte le furie. Si è trovata davanti la solita burocrazia snervante e le attese ‘strategiche’ dei politici che hanno tentato solo di non farle trovare i documenti del progetto, ma è andata avanti lo stesso.
Chi sale nella frazione di Passo Vela, a Pace del Mela, è assalito da un’angoscia inspiegabile. Le ‘ragnatele’ del traliccio sembrano stringere in un abbraccio di morte le abitazioni: la loro ombra proietta influssi devastanti. Da tempo, questa zona è definita il quartiere delle ‘donne con le parrucche’, perché molte di loro sono costrette a indossarle dopo mesi di chemioterapia. Uccise dall’indifferenza delle istituzioni, colpite a bruciapelo da un killer senza nome.
Angela ha davanti a sé anche una mappa dove ha indicato con dei segni le abitazioni delle persone malate di tumore negli ultimi anni in zona. Diciassette persone sono decedute, alcune molto giovani. La scheda non ha valore scientifico, ma per Angela è importante dal punto di vista umano. Erano persone che conosceva, amiche e amici, che hanno dovuto abbandonare sogni e speranze in anticipo perché colpite da un male che le ha ‘corrose’ lentamente. Risiedono nello stesso quartiere dove c’è il ‘vecchio’ elettrodotto e per Angela questo assume un significato inquietante.
In paese una volta c’erano solo campi coltivati e genuina solidarietà paesana. Ora ci sono cavi ovunque, l’atmosfera è cupa e tra i residenti c’è diffidenza e timore. Come ai tempi della peste non sanno dove colpirà il prossimo bubbone. Ogni mattina alcuni di loro portano le proprie cartelle cliniche ad Angela. Si fidano di lei. Oltre la richiesta per il risarcimento danni per le vittime e le persone malate, il comitato di cittadini, ora guidato da Nicola Foti, predisporrà una denuncia penale e una alla Corte Europea, pretendendo un intervento per ristabilire le regole in un territorio da anni riconosciuto a rischio ambientale.
Il vecchio elettrodotto passa anche dentro il cimitero, tra le tombe e i fiori. Qui sono seppellite diverse persone di Passo Vela. Recentemente è toccato a una donna di 57 anni. Il fratello Antonino Crisafulli ricorda la sorella Rosellina sottolineando: “Era una persona piena di vita, un giorno mi disse che ancora non voleva morire perché aveva tanti progetti”. Poi aggiunge: “Da quando hanno realizzato l’elettrodotto volevo andare via, ormai è tardi. Voi che potete, fatelo”.
Angela al cimitero indica con un dito anche qualcosa dietro le tombe: sono i piloni monostelo del Sorgente-Rizziconi che sembrano altre croci ugualmente lugubri. Quasi ogni settimana Angela visita i malati e per ognuno ha una parola di conforto. Apprezza la forza che stanno mettendo nella lotta contro la morte. Non ammira altrettanto le istituzioni locali: “I sindaci si sono fatti abbindolare” ci dice. “Hanno creduto alle favole, accettando come compensazione una strada, un marciapiede, un campetto di calcio. Per colpa loro Terna ha pensato di poter proseguire indisturbata nel suo progetto. Non sono scesi in piazza con noi, non hanno protestato. Questo è un segnale chiaro. Noi siamo stanchi di essere vittime designate, nessuno ci potrà togliere il diritto di difenderci e protestare civilmente”.
Amareggiata prosegue il suo giro dell’angoscia e del dolore. Le lacrime di quelle persone chiedono libertà e giustizia. I lutti non sono più dei parenti delle vittime, sono diventati i suoi. I silenzi e i pianti hanno aperto una nuova breccia nel suo cuore, ma a tutti continua a sorridere e chiede di resistere. La ‘luce’ del traliccio ha portato oscurità nelle loro case e solo lei con le sue parole riesce a illuminare i loro visi, a dare un attimo di sollievo a dei condannati a morte. I timori che le patologie di alcuni dei residenti siano provocate dalla presenza dell’elettrodotto sono confermate da una perizia del professore Luigi Maximilian Caligiuri, uno dei maggiori esperti internazionali di inquinamento elettromagnetico. Il comune di Pace del Mela gli ha commissionato uno studio e lui ha effettuato dei controlli sul vecchio elettrodotto e ha fatto delle proiezioni su quello ‘nuovo’. Dopo qualche settimana ha presentato i risultati, che non sono molto rassicuranti.
“C’è un pericolo concreto – afferma – a Pace del Mela. Seppur è vero che sono stati rispettati i valori di legge di induzione magnetica sotto i 3 microtesla, ciononostante, sono comunque superiori a 0,4 microtesla. Quest’ultimo dato è ormai definito dalla comunità scientifica internazionale molto pericoloso per la salute. Un’esposizione prolungata, com’è scientificamente dimostrato, può incrementare le patologie tumorali e non solo. La stessa Regione Sicilia, nel 2012, con un decreto dell’assessore all’ambiente ha stabilito che è dannoso un valore superiore a 0,4 microtesla, ma poi, inspiegabilmente, non lo ha ratificato. Inoltre, nel mio studio si evidenzia che in alcuni punti dove passerà l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi ci sono coltivazioni agricole. Anche in questo caso è costante la presenza di persone per più ore al giorno per dedicarsi all’agricoltura, quindi è una situazione sempre critica”.
Angela si arrabbia quando pensa all’iter del nuovo elettrodotto e spiega: “Si è iniziato a parlarne nel 2005, poi nel 2007 il Comune, guidato dal precedente sindaco, Antonio Catalfamo, ha firmato con Terna un protocollo d’intesa. Avevo anche chiesto, insieme ad altri cittadini, che fosse indetto un referendum in modo che potessimo esprimere la nostra opinione sulla realizzazione dell’opera, ma l’iniziativa è stata bloccata dal Comune. Abbiamo raccolto le firme previste, ma poi ci sono stati infiniti rinvii, finché il 29 agosto 2010 ci siamo accorti che i fondi stanziati per indire il referendum non erano sufficienti, abbiamo dato un ultimatum all’amministrazione comunale, facendo anche lo sciopero della fame. Dopo varie promesse non si è fatto nulla”.
Angela è stanca di aspettare risposte dalle istituzioni e decide di fare qualcosa: si arrampica su un traliccio dismesso, sfidando il vento e la pioggia, per dimostrare la sua contrarietà all’ultimazione dell’opera. Altri rappresentanti del comitato si legano allo stesso traliccio perché Terna, insensibile alle proteste, sta proseguendo i lavori, senza rispettare la volontà dei cittadini che chiedevano interventi per mitigare i danni ambientali e per la salute.
“È un’indecenza – spiega Angela Bianchetti – che io, una casalinga e madre di quattro figli, sia stata costretta a salire su un traliccio per protestare contro questa prepotenza di Terna, mentre il sindaco, l’assessore all’ambiente e le istituzioni interessate alla realizzazione della struttura non fanno niente per fermare questi lavori”. Poi prosegue: “Continueremo con azioni eclatanti, attendiamo interventi dal governo regionale e dal Ministero dell’Ambiente; a quest’ultimo ribadiamo la richiesta di revisione del tracciato in prossimità delle aree di criticità”. Sul freddo traliccio Angela ha pregato, pensando a tutti i giorni di angoscia e disperazione passati accanto alle vittime. Ha ricordato ogni volta che era riuscita a far uscire dalla loro “corazza interiore” le persone malate. Solo alcuni avevano trovato il coraggio di dirle che stavano male, d’improvviso sono diventati fragili, consapevoli del pericolo di non farcela. Ripensa alle loro facce sciupate e ai loro discorsi commoventi nelle ore difficili di chemioterapia, alle vite svendute dalle istituzioni. Guarda gli alberi da lassù e rammenta quand’era venuta ad abitare a Pace del Mela oltre trent’anni fa. Suo marito aveva iniziato a lavorare per una fabbrica della zona ed erano entusiasti di trasferirsi in quel posto incantevole, tra agrumeti e uliveti. Appena entrati nella loro nuova casa la loro attenzione fu attratta da una musica: erano dei musicisti del paese che, come vuole la tradizione, erano venuti a cantare una serenata agli sposini per dare loro il benvenuto. Ricorda le molte serate passate a festeggiare con i compaesani, a divertirsi davanti a un bicchiere di vino o un buon arrosto.
Lei animava il quartiere di Passo Vela, dove ha vissuto vent’anni prima di trasferirsi in un’altra zona. Era all’oscuro dei problemi che l’inquinamento elettromagnetico poteva causare. Poi un giorno fu avvicinata da un’amica che le agitò l’anima. Era Carmela Fiorentino, morta a 54 anni per un tumore. “Aveva il cancro e faceva la chemioterapia – spiega Bianchetti – e quando tornava stava molto male. Non riusciva a parlarmi. Per chiamarmi mi batteva con il bastone sul soffitto e io andavo a trovarla. Si sfogava con me, aveva bisogno di stare con qualcuno. Dai suoi figli non si faceva vedere mai in quelle condizioni. Secondo lei ci uccidevano perché erano autorizzati e mi ha chiesto di fare qualcosa per contrastare quello stato di cose. In punto di morte mi ha pregato di lottare perché non succedesse più a nessuno quello che era accaduto a lei. Le ho assicurato che mi sarei battuta. Dopo di lei di queste promesse ne ho dovute fare tante altre”.

La situazione non è migliore nel villaggio di Serro a Villafranca Tirrena, piccolo borgo 250 metri sopra il livello del mare, dove il traliccio di Terna ancora deve essere installato. I cittadini conoscono la situazione di Pace del Mela e non vogliono essere anche loro vittime predestinate. Ai piedi della vallata, il cavo sottomarino del Sorgente-Rizziconi è già ‘riemerso’ dall’acqua, nei pressi del torrente Gallo e lì si sta costruendo la stazione elettrica alla quale sarà collegato l’elettrodotto. I lavori vanno per le lunghe, perché sono nati subito problemi di natura idrogeologica che hanno causato il crollo di intere porzioni di montagna. Il dissesto è sotto gli occhi di tutti. Visti i gravi accadimenti di questi anni come l’alluvione del 22 novembre 2011 che colpì anche Villafranca e Saponara, e nella quale morirono quattro persone, sarebbero state necessarie maggiori precauzioni. Ma non è stato così. I cavi saliranno per la collina fino ad arrivare alla frazione di Serro: un paesino circondato dal verde dove è possibile ammirare splendidi paesaggi. In alcune giornate si possono anche vedere le isole Eolie e Capo Vaticano in Calabria. All’alba e ai tramonti, nel belvedere, sono nati tanti amori e i residenti hanno sempre apprezzato questo luogo lontano dalla confusione e dalla cementificazione selvaggia. È una comunità unita, ogni anno progetta spettacoli teatrali, feste e rappresentazioni musicali. Diversi cittadini sono tornati qui negli ultimi anni perché è un posto tranquillo, dove il tempo è scandito dal ritmo naturale, non dalla frenesia della città. Il traliccio andrebbe a rompere quest’armonia. Dovrebbe essere realizzato, tra l’altro, all’interno di una villa comunale per la quale sono stati spesi molti soldi pubblici. Non è molto curata, ma tutti speravano potesse essere restaurata e diventare un punto di riferimento soprattutto per i bambini. Vicino c’è anche una strada molto frequentata per le passeggiate. Tutto questo finirebbe con l’elettrodotto. Il borgo antico perderebbe la propria identità, molti non frequenterebbero più questo luogo, temendo per la salute, e hanno già annunciato che lascerebbero Serro.
Nel villaggio a battersi contro l’installazione del traliccio è la gran parte degli abitanti che hanno presentato un esposto al Tar e poi, subito dopo, al Consiglio di Stato. A tutelarli ci pensa anche l’associazione ambientalista Man, guidata da uno dei suoi dirigenti, Gianni Mento, che ha inoltrato un nuovo esposto al Tar del Lazio. Dalla giustizia, come dalle istituzioni, però i residenti non hanno ancora avuto risposte esaustive e si sono riuniti in un comitato che fa parte del Coordinamento Ambientale per la tutela del Tirreno, guidato dall’avvocato Nino La Rosa. Quest’ultimo è nato nella piccola frazione, nella quale ha vissuto fino a 35 anni, quando può si reca nel piccolo borgo con la famiglia per riposarsi e stare lontano dal caos cittadino. Il sorriso sornione che di solito gli spunta sotto gli occhiali scompare quando pensa come potrebbe diventare Serro dopo la costruzione del Sorgente-Rizziconi.
“Il traliccio – spiega – è stato progettato nei pressi del centro abitato, in luoghi molto frequentati dagli stessi abitanti, in un parco comunale, in violazione di norme poste a tutela della zona di protezione speciale e del piano paesaggistico dell’ambito 9 della Regione Siciliana”. La comunità di Serro, dal 2010 sostenuta dalle associazioni, ha poi inoltrato molteplici petizioni: al presidente della Repubblica, ai ministeri competenti, al presidente della Regione Siciliana, agli assessorati regionali competenti e agli uffici regionali per illustrare i motivi per i quali si oppone alla realizzazione della struttura. “La rivolta qui – ricorda La Rosa – è iniziata il 18 maggio 2010, quando siamo venuti a conoscenza del progetto perché in consiglio comunale a Villafranca Tirrena era in corso la discussione sulle opere compensative che Terna voleva offrire in cambio della costruzione del traliccio. La notizia è arrivata subito anche alla nostra comunità ed è intervenuta in consiglio comunale una cittadina, Caterina Campanella, che con determinazione ha chiesto informazioni, rimarcando che nella frazione di Serro nessuno sapeva nulla. A questo punto l’ex amministrazione è stata costretta a spiegare tutto e i consiglieri di minoranza si sono opposti, ma il progetto è andato avanti. In paese, in seguito non si è parlato d’altro e siamo scesi più volte in piazza a protestare. Sono stati esposti lenzuoli con scritte che manifestavano la contrarierà all’opera. Nel frattempo – continua La Rosa – insieme all’amico Gianni Mento, ambientalista e direttore delle riserve speleologiche della Sicilia, abbiamo raccolto i documenti e le firme dei cittadini per poi predisporre gli esposti”.
Il carattere combattivo della popolazione di Serro è stato evidente anche in altre occasioni. “Nell’estate del 1987 ad esempio – rammenta la Rosa – il comune stava lavorando a un piano particolareggiato per la realizzazione di una strada da far passare a Serro che fosse in continuità con la frazione di Calvaruso. Fu organizzata una protesta poiché questo percorso avrebbe snaturato le campagne e il territorio. Riuscimmo a spuntarla”. La Rosa ricorda anche il temperamento risoluto dei residenti davanti alle avversità della vita e accenna alla realizzazione nel 1946 del Circolo apolitico Sorrentino, subito dopo la seconda guerra mondiale. “Il primo presidente fu Pietro Bruno, noto per aver curato l’archivio storico della città di Messina. Insieme ad alcuni amici cercò di risollevare le sorti del paese dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Serro era quasi disabitata, poche le persone rimaste, molti erano emigrati. Per non far perdere le tradizioni e per creare un luogo di svago, si realizzò il circolo che fu molto attivo. Lottò ad esempio per ottenere una strada che collegasse Serro a Messina, per la realizzazione della scuola elementare e per l’acquedotto. Serro non si è mai tirata indietro e ha fatto sempre azioni per la tutela e il progresso della collettività. Un paese che ha sempre tenuto al senso di appartenenza e alla cultura, per questo dagli anni ‘70 sono sempre state organizzate manifestazioni teatrali, artistiche, folkloristiche ed enogastronomiche. Abbiamo istituito il premio Dinnamare e abbiamo eseguito lavori teatrali di importanti autori, tra i quali Giuseppe Fava. Tutto il paese partecipava agli eventi, ognuno aveva ruoli diversi, ma era consapevole di essere parte di una comunità unita”.
“Ora – continua – vogliono distruggere il nostro luogo della memoria: la passeggiata di puntale Serra dove c’è anche un reperto per noi molto importante, la pietra Giuliana. Si tratta di una vecchia macina che abili scalpellini hanno lavorato utilizzando una pietra chiamata “giuliana”; dal vecchio nome della contrada in cui risiede. Essa è da sempre meta obbligata di tante passeggiate ed è ricorrente nelle storie della popolazione. Avendo Serro una pendenza accentuata dal lato dei villaggi di Gesso e Calvaruso, quella strada è l’unico punto d’incontro per i cittadini e quindi eliminarla significa far morire il paese. Da non trascurare poi il problema sanitario, ci sono diverse case nei pressi del traliccio”. La Rosa è scosso, sente la violenza psicologica con la quale si sta imponendo quest’opera. “Negli ultimi anni – rimarca – erano tornate a vivere famiglie sia di anziani che di giovani, attirate dal fatto di poter trascorrere le giornate in modo sereno; ora tutto sarà vanificato poiché l’elettrodotto non è compatibile con il paese e nessuno ha l’interesse di andare a vivere sotto le onde elettromagnetiche. Questo è un borgo che potrebbe sviluppare un turismo rurale di qualità e che andrebbe tutelato, nessuno però se ne cura”.
Poi La Rosa accenna ai ricorsi: “Riguardano le violazioni procedurali in tema del principio di precauzione e l’illegittimo frazionamento del progetto che non ha consentito la valutazione complessiva dell’incidenza ambientale e l’acquisizione del parere della Comunità Europea. Abbiamo ripetutamente richiesto l’intervento del governo regionale perché l’elettrodotto è in contrasto con la gestione delle zone di protezione speciale, con le norme di salvaguardia del piano paesaggistico. Purtroppo, anche in occasione della seduta dell’assemblea regionale, dove si è discussa la mozione sul caso, la posizione del governo è stata approssimativa, generica, segno evidente che nessuno si era preoccupato di leggere la documentazione che il coordinamento aveva portato. Abbiamo chiesto inoltre, più volte, all’assessore regionale all’ambiente un immediato intervento di sospensione dei lavori nelle parti critiche, ma nonostante una generica dichiarazione sulla mancanza della verifica di compatibilità nessuna iniziativa risulta avviata”.
Tra i cittadini di Serro, uno dei più danneggiati dalla realizzazione dell’elettrodotto è Giorgio Matalone, la cui casa dista soltanto 80 metri dal traliccio ed è quindi la più vicina all’elettrodotto. Dal Veneto è tornato a Serro, dove prima trascorreva dei periodi di vacanza. È molto amareggiato: “Abito stabilmente qui dal 1993. È un paese meraviglioso. Ho fatto molti sacrifici e ho ristrutturato la mia casa investendo tutti i miei risparmi; ho curato i miei terreni ed ero felice di essermi trasferito. Poi, dal 2010 abbiamo scoperto che c’era questo progetto che era stato tenuto nascosto alla popolazione. Terna ha anche detto che non avevano visto nelle mappe la mia casa, ma non è possibile perché esiste qui da più di un secolo ed era l’abitazione dove si pagava il dazio. La verità è che non hanno tenuto conto dei cittadini e che i comuni non ci hanno tutelato”.

Un altro paese dove l’elettrodotto inciderà in modo significativo è Venetico Superiore. Qui il comitato di cittadini è guidato da un veneziano, il professore Maurizio Scarpari, sinologo di fama internazionale che da oltre dieci anni trascorre lunghi periodi nel borgo da fiaba. “Quando con mia moglie siamo venuti qui – spiega Scarpari – sono rimasto entusiasta. È un luogo fantastico, ricco di storia e belle tradizioni. C’è un ottimo clima e la gente è cordiale. Sono un professore dell’Università Cà Foscari in pensione, per 35 anni ho insegnato lingua e letteratura cinese classica, cercavo un posto dove poter scrivere in assoluta tranquillità i miei libri sulla civiltà cinese antica e ho pensato che questo fosse il luogo giusto”. Mentre parla, Scarpari guarda dalla casa che ha acquistato il sole tramontare e sullo sfondo le isole Eolie: “Mi sembrava di aver fatto un’ottima scelta e anche mia moglie, che è medico di famiglia e psichiatra, era felice. Lei ancora lavora, il nostro progetto è di trascorrere la nostra vecchiaia qui per la maggior parte dell’anno, anche perché ci siamo inseriti molto bene nella comunità e abbiamo trovato degli amici. Purtroppo – prosegue malinconico – all’inizio di giugno 2013 un elicottero ha posizionato un pilone monostelo di oltre sessanta metri appena al di fuori del centro abitato. Quando sono arrivato per le vacanze estive era sera, con il buio non l’avevo notato. La mattina dopo, ignaro della sua presenza, sono sceso tranquillamente al mare; risalendo in macchina verso il paese, che si trova in collina, mi è apparso di colpo quell’orribile “mostro” che svettava imponente, sembrava che uscisse dal castello del ‘500 che domina il borgo. Ho notato che anche nel paese accanto, Rocca Valdina, ne era stato installato uno simile, altrettanto impressionante. Parlando con alcuni paesani, mi sono reso conto che nessuno aveva compreso le reali conseguenze di quanto stava accadendo. La sera ho partecipato alla riunione dell’associazione culturale locale e ho posto all’attenzione dei soci presenti il problema, cercando di far capire loro i rischi per la salute e il danno d’immagine ed economico che per il paese sarebbe derivato. Molti hanno compreso il pericolo, ma la differenza l’ha fatta un bambino che, preoccupato, ha chiesto a suo padre: “Ora che hanno messo questo pilone non è che dobbiamo morire perché ci farà del male?” Ci sorprese, perché aveva visto giusto. Diversamente da noi adulti i bambini guardano il mondo con occhi liberi da condizionamenti e sanno esprimere timori e dubbi con parole che spiazzano noi grandi per la loro semplicità”.
Dopo qualche giorno è nato il Comitato per la tutela di Venetico al quale hanno aderito molti cittadini. Prosegue Scarpari: “Mi sono dedicato tutta l’estate a studiare la questione, ho cercato di convincere l’amministrazione locale – diversa da quella che aveva accettato il progetto anni prima – che doveva schierarsi con noi contro la realizzazione dell’elettrodotto, troppo vicino al centro storico. Impresa non facile, nessuno si era opposto con fermezza all’opera. Abbiamo promosso una petizione popolare raccogliendo le firme di gran parte dei residenti e abbiamo costretto i nostri amministratori ad affrontare in Consiglio comunale il problema e creare un coordinamento tra il Comune e il nostro comitato. Abbiamo quindi chiesto a Terna un incontro, che è avvenuto solo dopo diversi mesi, con risultati più che deludenti, un muro contro muro. Dalla documentazione in nostro possesso è emerso che in origine non era previsto che il pilone passasse a ridosso del centro abitato, il suo attuale posizionamento era dovuto a una variante proposta anni prima dal comune limitrofo di Rocca Valdina e incredibilmente accettata dall’allora sindaco di Venetico”. Voci si ricorrevano sul fatto che la modifica fosse stata voluta per interessi privati di qualche politico. “In effetti risultava che l’ex primo cittadino di Venetico aveva approvato la variante senza nemmeno andare a Roma alla Conferenza dei Servizi conclusiva, dove avrebbe potuto contestare il nuovo tracciato se solo avesse voluto; con la sua assenza ha invece dato formalmente il suo consenso. Quest’atteggiamento ambiguo ha alimentato i sospetti di un comportamento scorretto suo e di altri amministratori”. Tra le varie iniziative, abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica, firmato da oltre 170 cittadini, per vederci chiaro.
I cittadini di Venetico seguono ammirati le parole del professore venuto da Venezia e si rammaricano per non essersi resi contro subito che il pilone installato da Terna rappresentasse un pericolo. Va segnalato inoltre il fatto che il pilone si trova nei pressi di una vecchia chiesetta diroccata situata in cima a una collinetta, subito fuori dal centro abitato, che segna la fine del percorso storicamente utilizzato per la Via Crucis vivente, una manifestazione religiosa molto suggestiva che si ripete dal 1930, molto sentita dai venetichesi che vi partecipano con grande impegno. Ora la vedono seriamente compromessa. Per protesta è stato realizzato un breve filmato che ne ripercorre la storia, riporta alcune immagini significative e si conclude con l’immagine di un giovane che impersona Gesù mentre viene crocifisso al pilone, per l’occasione trasformato in un’immensa croce. Un’immagine forte, pensata per scuotere le coscienze di chi ha la possibilità di indurre Terna ad allontanare il pilone dal centro abitato.
“La tradizione della Via Crucis – spiega Scarpari – potrebbe perdersi per sempre a causa di Terna, che ha installato il pilone sulla stessa collina dove avveniva la crocifissione di Gesù, proprio a ridosso della chiesetta. Con questo elettrodotto Terna sta danneggiando un patrimonio storico-artistico che vanta monumenti del ‘500 per la cui valorizzazione la Comunità europea ha stanziato finanziamenti milionari”. In uno dei suoi tanti appelli, Scarpari si domanda: “Dov’è la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Messina? Perché non interviene con autorità per bloccare questo scempio? Com’è possibile che i Ministeri dei Beni Culturali, dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico abbiano concesso l’autorizzazione alla variante senza valutare l’impatto devastante che l’elettrodotto, così a ridosso del centro storico di Venetico, avrebbe prodotto? Siamo ancora in tempo per correggere gli errori, senza ricorrere a Tribunali speciali e a Consigli di Stato, basterebbe solo usare rispetto e senso civico”. Un paese come Venetico dovrebbe vivere di turismo, la via più naturale in virtù della sua splendida posizione e alle sue importanti opere architettoniche. Si potrebbero sviluppare anche percorsi enogastronomici e incrementare la possibilità di ‘alberghi diffusi’; nulla di tutto questo sarà più realizzabile ormai.
Mentre sorseggia un drink, scuotendo la testa davanti al pilone, Scarpari si stupisce della prepotenza degli uomini sulla natura e sottolinea: “Sento forte l’arroganza del potere di Terna, il suo modo di agire mi ha fatto toccare con mano come una multinazionale possa essere cinica e aggressiva con chi non è in grado di difendersi. Gli attuali dirigenti di Terna non interpretano correttamente il loro mandato, che dovrebbe essere quello di un’azienda in parte dello Stato, che deve avere innanzi tutto rispetto dell’ambiente e dei cittadini. Si approfittano della loro posizione privilegiata e, agevolati dal fatto che agiscono in regime di monopolio e in un contesto degradato, invece di tutelare il bene comune ed essere dalla parte dei cittadini si preoccupano solo di realizzare il maggior profitto economico per i loro azionisti. In questo modo, non è una società di servizio: sarà anche strategica per lo Stato, ma di certo non per noi cittadini”.
Per Scarpari questa è una battaglia nuova, altre volte si è trovato a dover difendere gli interessi della comunità: “Questa volta, però, è una lotta impari, perché è contro una multinazionale potente e protetta; la ritengo comunque doverosa, una lotta di civiltà alla quale non ci si può sottrarre. Studio e scrivo per interesse personale, ma anche per cercare verità che mi aiutino a vivere in modo migliore e per trasmettere agli altri, soprattutto ai giovani, valori positivi. Nella vita si deve avere il coraggio di combattere contro le ingiustizie e i soprusi, anche se ciò implica doverne pagare le conseguenze. Qui i danni per l’ambiente si vedono subito, quelli per la salute saranno evidenti solo tra dieci o vent’anni, quando i bambini di oggi saranno grandi: dobbiamo ribellarci ora, dopo sarà troppo tardi! Questo elettrodotto non interessa la Sicilia, è solo un trampolino di lancio per l’Africa, un progetto che sta a cuore solo ai produttori di energia europei. Noi non avremo benefici immediati, ma il prezzo lo pagheremo noi e il nostro territorio. Non è un caso che i ministeri coinvolti siano quello dell’Ambiente, dello Sviluppo economico e dei Beni culturali, e che manchi quello che dovrebbe essere il primo a essere interessato: il ministero della Salute. Speriamo che finalmente qualcuno si decida a intervenire per bloccare un disastro che cozza contro gli interessi delle comunità e il semplice buon senso, precludendo uno sviluppo sostenibile, che consenta ai giovani di non dover abbandonare la loro terra per potersi costruire un futuro dignitoso e sereno”.